Videoconferenza storica – Vecchi confini in Val Canale

La parola Valcanale si intreccia inevitabilmente alla parola confine. Essa è un’area geografica estremamente particolare, situata nell’estremo nord est d’Italia, e da sempre zona di facile passaggio, sia nella sua accezione positiva se pensiamo ai commerci o al turismo, ma anche nella sua accezione negativa se si pensa alle incursioni, alle scorrerie e ai conflitti che hanno travagliato queste terre. Il nostro obiettivo sarà quello di riassumere in pillole i punti focali degli eventi che hanno caratterizzato la storia sociale, economica e culturale della Val Canale e come il “confine” si inserisce nel contesto: il ruolo dei confini.

La nostra storia comincia in realtà nella Preistoria, circa 335 milioni di anni fa quando la nostra valle emerge dalle acque. È all’era geologica del Triassico che risalgono le prime stratificazioni di piombo e zinco nell’attuale zona di Cave del Predil, che tanta fortuna porteranno allo sviluppo economico della valle. Pare che invece le prime tracce di vita umana risalgano a 4000 anni fa. I primi insediamenti stabili risalgono al secondo millennio a. C.,ma è a partire dal IX secolo a. C. Che cominciano a giungere le tribù celtiche dei Norici, dei Carni (Carnia – Carinzia – Carniola) e dei Taurisci. È con loro che si sviluppano le vie carovaniere più antiche che, per mezzo del commercio dell’ambra e del ferro, entrano in contatto con la più grande potenza occidentale dell’epoca: la civiltà romana.

I romani denominano le popolazioni celtiche della Valcanale Norici, e ci parlano di un REGNUM NORICUM che nel 15 a. C. verrà sottomesso al potere. Giulio Cesare passò di cui per recarsi dai loro re, i quali furono suoi alleati nella guerra contro Pompeo. Le Alpi Giulie portano ancora il suo nome. Bisognerà attendere però il 45 d. C. per vedere riconosciuto il Norico come provincia romana a tutti gli effetti. A questo punto sappiamo che riconoscere un territorio come provincia significava che quel territorio aveva una certa importanza e che veniva visto a tutti gli effetti come parte dell’impero.

La location che abbiamo infatti scelto per l’occasione è l’Antiquarium di Camporosso, un piccolo museo archeologico di fondamentale importanza per raccontare la storia di questa valle proprio nel periodo tardo repubblicano. L’insediamento romano di Bilachinium, oggi Camporosso, nasce come stazione doganale sulla via che da Aquileia, fondata nel 181 a. C.,portava alle regioni del nord Europa, al Norico per l’appunto. Solo in seguito l’area diventa un centro commercialmente e culturalmente vitale.

La via dell’ambra rappresentava una rotta commerciale molto importante e redditizia; la preziosa resina arrivava dalle rive del mar Baltico, attuale Polonia, sino alla Pannonia romana e da lì prendeva la direttrice Vienna – Aquileia, transitando per la Val Canale. In epoca imperiale il suo uso crebbe notevolmente, diminuì nel III secolo ma ci sono testimonianze di come i traffici non cessarono nemmeno dopo la caduta dell’Impero d’Occidente.

La fondazione della città di Virunum, oggi Viruno in Carinzia, si pone alla fine della strada consolare che partiva da Aquileia e che prevedeva lungo il suo tragitto altri punti di ristoro come l’insediamento di Meclaria, oggi MAGLERN, presso cui sarebbe stato costruito un sistema di mura difensive intorno al V secolo D. C., segno di un pericolo imminente da parte delle popolazioni barbariche. Pericolo che si manifestò di lì a poco con la caduta dell’impero romano d’occidente nel 476 d.C. e il susseguirsi di invasioni da parte di Visigoti, Unni e Goti.

Alcuni popoli solamente passarono per qui, altri stazionarono qui per alcuni anni; è il caso dei Visigoti di Alarico, i quali dopo il primo tentativo di invadere l’Italia furono sconfitti dal generale Stilicone e respinti nel Norico, il cui confine con l’Italia era sempre quello dell’età romana, cioè la Valcanale. Alla morte di Stilicone, i Visigoti rivarcheranno la frontiera e scenderanno verso Roma. Alarico conservò un buon ricordo dell’esilio in questi territori, difatti in seguito ne chiese all’imperatore il possesso assieme al Veneto, ma gli fu negato.

Attila e i suoi Unni transitarono brevemente per qui nel 452, l’anno prima della sua morte, dirigendosi verso Aquileia che distruggeranno dopo qualche mese di assedio.

Altri barbari passarono negli anni seguenti sinchè la valle entrò a far parte del regno dei Goti di Teodorico; il regno goto durò una settantina di anni e comprendeva circa le attuali Italia, Austria e Ungheria, restando il Tarvisiano confine tra le regioni italica e norica.

Nel 541 il comandante dei territori del valico era un nipote del re (Ildebado), Totila; valido guerriero e ottimo stratega, diverrà il penultimo re goto, si coprirà di onori e contenderà la penisola ai bizantini per un decennio, sino alla sua sconfitta e morte in battaglia in Umbria.

Il V secolo dopo Cristo non è solo il secolo delle invasioni. La Valcanale si trova infatti al centro di un’importante opera di evangelizzazione cristiana. Essa fa parte infatti della neonata diocesi di Teurnia, suffraganea di Aquileia, e confina con la diocesi di IULIUM CARNICUM, oggi Zuglio in Carnia. L’opera di cristianizzazione conoscerà momenti di difficoltà con l’arrivo delle prime tribù slave verso la fine del VI secolo d. C. Che, grazie ai missionari salisburghesi e aquileiesi, lentamente si convertiranno al Cristianesimo.

La storia della Valcanale si intreccia continuamente con le vicende che caratterizzano il primo medioevo. Con l’arrivo dei Longobardi nella penisola italiana, in Friuli viene fondato un ducato longobardo e il già citato Castrum Meclaria, avamposto difensivo romano, diventa ancora una volta l’ultimo baluardo del nord Europa. Dal 796 d. C. Le terre longobarde vengono però travolte dalla dominazione del popolo dei Franchi di cui però, per quanto riguarda la storia prettamente locale, si sa troppo poco.

Le vicende locali del periodo alto medioevale sono scarse o poco accurate ma si possono dedurre, oltre che da una storia generale, dalle vicende legate alla Chiesa. Un breve escursus attraverso i principali edifici ecclesiastici della valle ci aiuterà a ripercorrere alcune tappe utili per la storia moderna locale. Potremmo partire infatti dall’anno 811 d. C. Quando Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, stabilisce in corrispondenza del fiume Drava, nei pressi di Villach, il confine tra l’Arcidiocesi di Salisburgo ed il Patriarcato di Aquileia e divide l’impero in ducati, contee e marchesati.

La Valcanale si ritrova così ad essere proprietà della signoria di Federaun. Dominio che non dura molto dal momento che già nel X secolo D. C. La signoria torna all’imperatore e la Marca del Friuli viene assegnata al Duca di Carinzia. Pochi anni più tardi, la sovranità temporale viene ancora una volta riassegnata al principe vescovo di Bamberga. Correva l’anno 1007 e il nuovo principato ecclesiastico rimarrà in carica sino al 1759, dando un forte impulso ai commerci e allo sfruttamento di giacimenti di ferro e piombo favorendo un ripopolamento della valle con genti friulane e tedesche.

Dicevamo quindi le chiese come testimonianza di piccoli centri che si sviluppano e che acquisiscono sempre più la loro autonomia. La prima pieve della valle in onore di sant’Egidio viene istituita nel 1106 a Camporosso, quasi contemporanea a quella di San Leopoldo. Seguono le chiese di Tarvisio, Santa Caterina e Pontebba. Nella maggior parte dei casi le chiese che noi oggi vediamo sono rifacimenti o sostituzioni delle antiche cappelle che nacquero nel Medioevo. Tra XIII e XIV secolo abbiamo ancora le chiese di Fusine, Malborghetto, Ugovizza e Cave del predil. Nel 1360 sorge anche il santuario mariano sul Monte Lussari mentre le strutture più recenti sono quelle di Bagni di Lusnizza e Valbruna. Va ricordato che la complessità della storia di questa valle è testimoniata dal fatto che alcune delle chiese prima citate dipendevano da altre diocesi come quella di Lubiana e non solo da quelle a noi più conosciute.

Il Trecento è un secolo particolare per la valle. Alla crescita economica, commerciale e demografica si accompagnano momenti difficili segnati dagli strascichi dei conflitti armati legati alla storia europea e dalle incursioni dei turchi.

È in questi anni che si fa strada, tra le vicende storiche della Valcanale, la Repubblica di Venezia. La Serenissima aveva infatti cominciato a guadagnarsi l’entroterra italiano annettendo a sé i territori del Patriarcato di Aquileia il cui potere temporale iniziava a vacillare. Nel 1420 la Repubblica veneziana occupava gran parte dell’attuale Friuli ma i territori montani rimanevano ancora nelle mani dei vecchi padroni. Il nuovo confine tracciato tra territori italiani e stranieri fu rappresentato questa volta dal ponte di Pontebba che di fatto divideva gli abitati di Pontebba – Pontafel. Qui i doganieri imperiali e quelli della Serenissima, almeno verso la fine del Cinquecento, operavano assieme riscuotendo il dazio per persone, cavalli, muli e merci. Nelle testimonianze dei viaggiatori non troviamo particolari lamentele contro i funzionari località anche se erano pochi i coraggiosi che attraversavano le Alpi nel bel mezzo dell’inverno. Un certo Edward Browne scriveva:

“Viaggio di ritorno da Venezia a Vienna: è stato il viaggio più tranquillo da me mai fatto Nonostante che anche qui ci siano diverse nazioni e si parlino lungo la strada non meno di 4 lingue nessuno mi ha disturbato, nessuno mi ha chiesto donde venissi né dove avessi intenzione di andare; nessun problema poi con i bollettini di sanità e nelle locande buoni pernottamenti a prezzi accettabili.”

La Valcanale rimaneva saldamente e floridamente nelle mani del vescovo di Bamberga anche se, dal 1759, tutti i diritti su di essa verranno ceduti a Maria Teresa d’Asburgo e dunque alla casa d’Austria che la governerà fino al termine della Prima Guerra Mondiale. Ancora dalle memorie dei viaggiatori, ricordiamo un certo Zawisza che dalla Polonia ci dice “che sostava a Pontebba all’insegna dell’aquila bianca che aveva anche un’altra insegna latina: hospicium inclytae poloniae.

Nel 1751 esce di scena anche il Patriarca di Aquileia la cui istituzione viene soppressa e la Valcanale, dal punto di vista ecclesiastico, passa sotto la Diocesi di Gorizia. Anche l’ondata delle guerre napoleoniche lascia il segno nei territori della Valcanale. Gli Asburgo infatti combatterono a più riprese contro l’esercito francese tanto che la valle restò alcuni anni sotto il suo diretto dominio. Ma sappiamo bene che l’ondata napoleonica si spense lasciando spazio, nel XIX secolo, alla grande stagione dei moti rivoluzionari che infuocarono in tutta Europa.

Il nostro viaggio nella storia della valle ci riporta così a tempi più recenti. Sotto il dominio austriaco Tarvisio divenne centro di primaria importanza tanto che la realizzazione della ferrovia rappresentò uno snodo primario per l’impero e per l’Europa. L’antica via tracciata dai romani che da Aquileia portava al Norico, veniva ancora una volta, sulla scia della modernità, riconfermata via maestra per il nord Europa.

La storia del Novecento è tristemente famosa per le due guerre mondiali che la segnarono. Alla fine del primo conflitto mondiale, l’impero Austro-ungarico cessava di esistere e la Valcanale passava al Regno d’Italia. Una storia secolare, legata inevitabilmente alle vicende d’oltralpe, si concludeva per passare ad una nuova fase tutta italiana.

1918: conquista degli italiani e successivo trattato di San Germano nel 1919

1923: confine spostato da Porticina a Coccau Valico

Marco